Il sig. Tizio, cinquantenne, sposato e padre di due figlie, lamentando dolori addominali, si rivolgeva sia ad una nota struttura laziale per la prevenzione dei tumori sia ad una struttura sanitaria pubblica.
Entrambe le strutture, nonostante diversi esami diagnostici, refertavano al sig. Tizio solamente dei calcoli a carico di un rene.
Nonostante le cure e la dieta alimentare il malessere del sig. Tizio persisteva.
Senza alcun approfondimento diagnostico, il sig. Tizio veniva, dunque, sottoposto a trattamento di litotrissia.
Anche tale trattamento non era risolutivo, infatti, poco tempo dopo, lamento forti dolori addominali, il sig. Tizio veniva ricoverato nel reparto di Urologia di un altro Ospedale e in questo caso i sanitari, mediante una URO-TAC senza e con mdc, riscontravano una neoplasia delle vie escretrici intrarenali, oltre alla calcolosi residua.
ERRORE DIAGNOSTICO DALLE CONSEGUENZE IRREVERSIBILI
Gli stessi sanitari, revisionando la TAC effettuata da Tizio l’anno prima nella precedente struttura di eccellenza, confermavano la presenza della neoformazione sin da allora, cresciuta in quel momento di volume.
Nonostante l’intervento chirurgico di rimozione del tumore, la neoplasia risultava accrescersi senza più possibilità di controllo dal punto di vista terapeutico; infiltrava localmente, si diffondeva agli organi vicini dell’addome, metastatizzava ai polmoni, sino a portare al decesso di Tizio.
RISARCIMENTO DANNI PER L’ERRORE DIAGNOSTICO
Dopo l’acquisizione di una perizia medico-legale che ha confermato la fattibilità di una causa, si è richiesto alle prime due strutture sanitarie che ebbero in cura il sig. Tizio il risarcimento dei danni per i familiari, contestando loro una grave responsabilità per avere omesso una diagnosi di un procedimento patogeno tumorale in essere, con conseguente estensione della malattia ad uno stadio fatale che si sarebbe potuto evitare con un tempestivo accertamento diagnostico.